Prova percorso KrasKros 2019

Domenica 24 febbraio 2019. Mancano pochi giorni alla data del 10 marzo nella quale si correrà la prima marathon locale della stagione: la KrasKros. Ormai le domeniche che ci separano dalla data fatidica sono poche, c’è anche il carnevale di mezzo e purtroppo la data della prova percorso “sociale” è coincisa con la prima gara ACSI del 2019. Gara alla quale hanno partecipato (con successo) Matteo Pagano, Peter Carli, Raul Di Ragogna e Jacopo Rovatti (leggi Capriva Bike 2019).

Dopo l’appello sui social l’appuntamento è stabilito per le ore 9:00 a Prosecco. Alcuni si sono incontrati un pò prima per un caffè in Bar Vatta a Opicina. E’ lì che Piero, Iure, Mauri e Livio hanno incontrato Peter, Raul e Jacopo per un “in bocca al lupo”. Livio, probabilmente assimilando la concitazione del pre-gara dei quattro giovani, inizia un andirivieni continuo tra bancone e drappello MBC: “devo andar cior Giuly… no… devo cior caffè… no… xe tardi… ma forsi un caffè rivo… cosa disè? Rivo? No… non rivo… Cosa dovevo cior?” – “UNA CAMOMILLA Livio, una camomilla”.

Salutiamo i tre agonisti di oggi, assicurando loro che ci saremmo presi cura noi di Livio, tra l’altro è giunta anche l’ora di raggiungere il luogo dell’appuntamento ufficiale delle 9:00. Chissà quanti avranno risposto all’appello? Di conferme ne sono fioccate davvero poche. Ci dirigiamo fiduciosi con le macchine verso Prosecco quando a Livio torna in mente improvvisamente cosa doveva prendere: “Giuly! Ecco cosa dovevo cior!”.

L’area del distributore (luogo designato per il raduno) è gremito di gente. “Ma xe tutti per la KrasKros o i regala benzina?”. Ad unirsi al gruppo MBC per la “gita sociale” di oggi sono presenti anche degli ospiti simpatizzanti e alcune nuove leve in forza alla nostra squadra. Attendiamo gli ultimi ritardatari (e Livio) e ci mettiamo in posa per la prima foto ricordo della giornata. Contiamo 20 partecipanti tondi tondi, così giusto per tenere il conto e non perdere unità per strada lungo i 40Km del percorso che si snoderanno su 900 metri di dislivello a partire da Miren/Merna, “ridente” cittadina slovena proprio sul confine nei pressi di Gorizia.

La giornata si preannuncia splendidamente soleggiata, sebbene inizialmente fredda. A Miren, la carovana trova accampamento, tipo zingari, nei pressi del campo di calcio, luogo della partenza ufficiale per una simulazione gara ancora più attendibile. Un megalomane propone di appiccicarci dei numeri in schiena e simulare anche la competizione a gruppi uno contro l’altro. Proposta bocciata! Oggi si gira blandi e in modalità sociale.

Fulvio, immedesimandosi un pò troppo col clima di gara giunge addirittura in camper. Dopo aver monopolizzato il parcheggio sportivo come base di partenza, iniziamo la vestizione e l’assemblaggio dei nostri bolidi a due ruote.

Andrea, assistito da uno dei suoi noti colpi di estrema fortuna, spacca il perno passante anteriore mentre cerca di rimontare la ruota. Dopo una consulenza dei massimi esperti meccanici, giunge il verdetto: “Andrea, me sa che te se ciavi. Te pol spetarne in baretto e buttarte sull’alcol” – “NO! ASPETTATE! Ho una bici in camper”. Fulvio lancia sul piatto l’asso di danari, proponendosi come salvatore della giornata (e del fegato) di Andrea: “una splendida 26 pollici in acciaio inox 18-10, freni a cantilever semi funzionanti, sette rapporti marzi, sella de juta con le suste e….” – “E ga anche el campanellin! La voglio! Grazie Fulvio”.

Andrea, prende subito confidenza col nuovo mezzo, tanto che riesce a rompere anche una delle poche robe intere della bici: il campanello. Ma tant’è che almeno si parte tutti assieme, nessuno escluso, felici e contenti (qualcuno un pò meno e senza campanello).

Il percorso parte subito bene: saranno 7 kilometri di salita inizialmente su asfalto. Mauro Zerial, noto bitumaro, approfitta del manto stradale a lui congeniale per staccare il gruppo scaricando subito un primo, secondo e antipasto di watt su per i tornanti. Dean, Mauri, Iure e Max si mettono all’inseguimento. “Me sa che se fermeremo all’inizio dello sterrato, se no el resto del gruppo ne manda a quel paese”. E’ inevitabile: anche con tutte le buone intenzioni del mondo, quella mezza ruota davanti alla tua scatenerà sempre un circolo vizioso di testosteronica competizione e anche sta volta le intenzioni di un “giro blando” probabilmente andranno a farsi benedire (“Amen” n.d.Pagano).

Il gruppo si ricompatta abbastanza velocemente. Giuliana inizia la sua consueta svestizione: “che CALDO!” – “Giuliana… ara che xe 4 gradi” azzarda qualcuno abbassando con i guanti invernali il scaldacollo dalla bocca per parlare.

Livio commenta sommessamente: “La xe come la boba de Borgo, ma al femminile” – “COS’TE GA DITO? MIA MARE COSA?”.

Nel frattempo, Andrea col suo bolide nuovo fiammante vuole portarsi avanti con il lavoro continuando la salita: “tanto me ciapè” – “Ah non so miga Andrea, oggi te vedemo ben”. La lunga salita scorre lenta sotto le nostre ruote; ognuno procede al proprio ritmo forzando di tanto in tanto la mano, come di consueto, per cercare di scollinare questi duri sette kilometri il prima possibile. A fine salita giunge il secondo momento di ricompattare il gruppo. “Chi manca?” – “Andrea” – “El sarà sicuro avanti!” – “Dubito”.

Dopo qualche minuto vediamo giungere la stanca figura del nostro beniamino di giornata, scortato amorevolmente da Livio in sella alla sua Cannondale nuova fiammante: “come va sto bolide?” – “una merda” – “No Andrea, non parlavimo con ti, ma con Livio” – “No perché, se ve interessa saver adesso oltre ad esser senza campanel, son anche senza cambio che se ga rotto”. Di bene in meglio. Ma tanto adesso xe tutta in zo!

Abbiamo fatto pochissimi kilometri ma già macinato quasi metà del dislivello di giornata in una salita unica. Ora finalmente inizia la discesa. Massimo Minca, in sella a una bici oversize gentilmente concessagli dal suocero in sostituzione della sua bici in officina, inizia a sgonfiare le gomme con intenzioni serie. Andrea viene convinto ingenuamente che gli basterà un rapporto solo per concludere degnamente il giro di prova e quindi si riparte.

“Qualchedun ga la traccia sul Garmin?” – “Mi… ma no capiso un zzoca de come che se la leggi”, ribatte Max. Fortunatamente non serve alcun GPS se puoi avere un Maurizio Germani in testa al gruppo come apripista. Infatti, qualche chilometro dopo, il gruppo dietro a Mauri prende la giusta direzione mentre la coda della carovana, abbandonata al fato e senza guida spirituale, sbaglia direzione svoltando a destra invece che a sinistra. Qualcuno torna indietro in perlustrazione per raccogliere informazioni sui dispersi. Infine raccogliamo i naufraghi e approfittiamo per un rapido recupero di maltodestrine. Mauri si infila un gel in bocca… “Quel che fa Mauri dovemo far anche noi”: Iure e Max seguono pedissequamente i gesti del loro mentore e guida schiacciando anch’essi una busta di gel in bocca.

Mauri riparte e quindi si riparte!

Il percorso prosegue senza grossi intoppi su sterrati larghi e poco pendenti, tra piccoli strappi e un pò di fondo leggermente sconnesso. Mauro Zerial sorride soddisfatto: “fin qua go fatto tutto in sella!” – “Cos’te vol che sia, dopo i “sterratoni” della Kamenjak”. Giungiamo in cima al punto di osservazione con torretta della guerra annessa. E’ ora di rifocillarci un pò, contemplare il mare in lontananza, fare qualche scatto ricordo e tirare le somme parziali di questa giornata che nel frattempo è diventata anche piuttosto calda: Giuly non si toglie altro. Peccato. Ripartiamo.

Ora, per la gioia dei discesisti, inizia un’altra discesa prima di imboccare il lungo single track che serpeggia nel bosco, tra radici e massi, sbucando nei pressi di Nova Vas. La cima da raggiungere è li a vista, la Torre di Cerje troneggia sopra di noi in lontananza. Mancano ancora una quindicina di chilometri alla conclusione ma sappiamo già cosa ci aspetta: ancora un pò di salita e poi, dalla Torre, è quasi tutta discesa con i pezzi forti della giornata: il single track che scende verso Vrtoče e il sentiero finale che dal monastero di Miren porta all’arrivo.

Ma prima di tutto questo c’è da pedalare ancora. Mentre siamo in sosta lungo il percorso, ci sorpassa in bici un ragazzino con suo padre. Avrà si e no 11 anni. Però… va forte. Rimasti per troppo tempo a secco di obiettivi intermedi, riprendiamo la sella con intenzioni bellicose.

La testa della corsa… ehm… del “gruppo in gita sociale”, in preda ad un esecrabile slancio di bullismo pre-adolescenziale, si pone quindi come tacito obiettivo di riprendere il ragazzino per lavare un fantomatico e immaginario affronto. Mauri forza la mano, dimostrando di essere sempre un motore diesel. Dean apre le valvole dei pistoni nascosti nei suoi quadricipiti femorali e prende letteralmente il volo, seguito da Davide Pettirosso che non ne vuole sentire di mollare. L’onta è abbondantemente lavata quando il povero ragazzino viene letteralmente travolto dall’onda d’urto dei bulli in divisa nero verde. A fine sentiero, ufficialmente per attendere il resto dei compagni, ma ufficiosamente in attesa che i battiti tornino un pelo sotto la soglia dell’infarto miocardico, la testa del gruppo si ferma malignamente soddisfatta dell’opera appena compiuta. Fortunatamente il ragazzino non sembra aver risentito psicologicamente dello smacco appena ricevuto e ci passa serafico ad andatura costante. Qualcuno crede di aver udito un meritato “veci sfigadi” uscire, se non dalla sua bocca, almeno dalle nostre coscienze.

Ma tanto il PR è assicurato e noi, da buoni ignoranti, resettiamo la testa noncuranti di aver forse minato l’autostima di un bambino e ci rimettiamo in sella a spingere di nuovo come forsennati. Iure osa sorpassare in salita un amorevole Mauro Zerial intento a scortare pacatamente la moglie Deborah su per un single track in salita quando sente dietro di lui l’inconfondibile “click click” di un deragliatore che butta giù quattro denti. Mauro abbandona la veste di marito amorevole per terra (anzi, forse la scaglia in faccia a Deborah stessa) e tira una fucilata tale che sorpassa Iure a velocità doppia per quasi sparire alla vista. Incapace di sedare tanta potenza, rischia di proseguire dritto verso Gorizia mancando per poco la deviazione che ci porta verso la torre, lì a portata di mano. Decidiamo di conquistare la Cima Coppi incuranti del fatto che il percorso taglierebbe a sinistra senza per forza accumulare quella manciata di inutili metri di dislivello. La vista però ci ripaga del piccolo sforzo aggiuntivo.

A questo punto Andrea, dopo la dura lezione ricevuta sul livello di affidabilità del suo “ferro” da 26 pollici, prende la saggia decisione di non voler sperimentare l’integrità dei freni a cantilever sugli ultimi single track di giornata pertanto decide di scendere a Miren su asfalto assieme a qualcun altro.

Il resto del gruppo continua sulla traccia originale. Schivando gli escursionisti della domenica giù per una discesa tempestata di massi smossi e ghiaia, riprendiamo per un breve tratto la salita di inizio giornata per portarci all’imbocco del lungo sentiero che scende verso valle. Da qui poi, lungo la strada, si raggiunge finalmente l’ultima salita del giro che porta al monastero di Miren. Qui Sergio Ticich ci saluta perché deve rientrare. Anche Massimo Minca ha lo stesso problema per cui ci saluta e va avanti per terminare in solitaria il percorso. Il resto di noi rimane in attesa dell’ultimo ricompattamento.

Dal monastero/castello all’arrivo ci separano pochi metri di sentiero, ma sono pochi metri che contano. Da sempre, questo tratto finale è la spada di Damocle di tanti di noi: il sentiero scende per 4 tornanti strettissimi in contro-pendenza disseminati di rocce e radici. In condizioni di pioggia, come lo scorso anno, il terreno è davvero impervio ma oggi, vista la giornata ideale, il fondo asciutto e soprattutto la possibilità di provare più volte quest’ultimo tratto, ci siamo concessi il lusso di prendere lezioni di discesa nientemeno che da Livio The King.

Siamo quindi giunti al termine di questa giornata di sole e mountainbike…. “NO ASPETTA… E il dopo gita? Pranzo? Aperitivo? Non è successo niente degno di nota?”

Altroché se è successo… ma tutto questo rimarrà sepolto nei caveau della nostra dignità. Chi c’era, ne ha goduto e a chi non c’era, possiamo solo dire che… potevate esserci e far parte di questa storia.

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